La sveglia suona presto perché il programma di questo secondo giorno è ricco. Oltre alla seconda tappa del Palaronda Soft Trek, dal rifugio Rosetta-Pedrotti al rifugio Pradidali, passando per il Ghiacciaio della Fradusta e il Passo di Pradidali basso, ci siamo infatti tenuti per la mattina l’ascesa a Cima Rosetta. Fuori c’è una giornata meravigliosa, senza neanche l’ombra di una nuvola ad intaccare l’azzurro splendente del cielo.
Dopo una sostanziosa colazione al rifugio ci mettiamo in marcia armati soltanto dei bastoncini da trekking; lasciamo infatti gli zaini in rifugio e passeremo a recuperarli al ritorno dalla puntatina alla cima. Leggeri si cammina decisamente meglio e, in circa 20 minuti di strada facile e ben delineata, siamo in vetta a Cima Rosetta a quota 2743 metri, per le foto di rito al fianco della croce.
Da su la vista spazia a 360 gradi con la vallata e le montagne che la racchiudono da una parte e la vastità dell’Altopiano e delle sue Pale dall’altra. Ci tratteniamo diversi minuti a goderci il silenzio surreale, felici di esserci tenuti l’ascesa alla cima per il mattino presto quando in giro non c’è ancora praticamente nessuno. Iniziamo la discesa mentre incominciano ad arrivare le prime corse della funivia con altri escursionisti a bordo e l’Altopiano inizia lentamente a “popolarsi”.
Recuperiamo gli zaini in rifugio, salutiamo, ringraziamo per l’ospitalità e ci mettiamo in cammino per la seconda tratta del nostra percorso, seguendo l’indicazione per il Ghiacciaio della Fradusta, lungo il sentiero 707.
La parte iniziale è piuttosto semplice e ci permette di goderci al massimo la splendida giornata di sole mentre attraversiamo l’Altopiano. Raggiunta la successiva diramazione prendiamo ancora per il Ghiacciaio e ci prepariamo ad attraversare un lungo tratto interamente sulla neve. Le possibili tracce da seguire sono due: quella “da sotto”, che prevede di lasciarsi sulla destra uno spallone e di attraversare la conca innevata per poi salire una volta giunti alla sua fine, oppure quella “da sopra” che prevede invece di salire sullo spallone e costeggiare la conca, in un tratto dalla pendenza laterale però significativa. Per quest’ultimo motivo scegliamo la prima via e superiamo il tratto abbastanza agevolmente, arrivando piuttosto in fretta allo scollinamento che, dopo una lunga serie di foto ricordo, ci proietta verso il Passo di Pradidali basso a quota 2658 metri.
Da qui iniziamo la discesa verso il rifugio Pradidali, segnalato ad ancora un’ora di cammino, che scopriremo più avanti risultare una previsione un po’ ottimistica. La cosa più importante però è che il percorso in questo tratto torna ad essere a dir poco spettacolare; ci infiliamo infatti nel canalone dell’alta Val Pradidali, protetto ai lati dalle dritte pareti verticali delle maestose cime circostanti.
Proseguendo verso la fine del canalone, dopo aver attraversato qualche ultimo passaggio sulla neve e qualche pietraia, vediamo apparire in lontananza il rifugio Pradidali, che ci ospiterà per la notte. Scendendo ancora un breve tratto sulle pietre, imbocchiamo l’ultima parte del sentiero, ormai pianeggiante, che ci porta a destinazione: rifugio Pradidali, quota 2278 metri.
La spettacolare vista dalla vetrata situata su un lato del rifugio viene purtroppo presto oscurata dall’arrivo di una spessa nebbia e sostituito da una uniforme muraglia bianca. Ne approfittiamo quindi per concederci un po’ di riposo, purtroppo senza la possibilità di farci una doccia a causa di un guasto al boiler in attesa di essere sistemato, e aspettiamo si faccia l’ora di cena. Nel frattempo siamo completamente isolati dal mondo: presso il rifugio, ma in realtà da un bel pezzo lungo la strada per raggiungerlo, non c’è alcuna copertura telefonica e anche l’invio di un semplice SMS risulta impossibile.
Nell’accogliente clima del rifugio ci gustiamo anche qui una ottima e abbondante cena, per la quale la nostra scelta ricade su una calda zuppa, una tradizionale polenta con funghi e salsiccia impiattata in modo originale e un bel dolce in conclusione. Il tutto accompagnato da un sottofondo musicale di qualità che spazia dai Coldplay ai Kasabian per arrivare fino ad una chicca del primo album omonimo dei Clap Your Hands Say Yeah che mi spinge, da buon appassionato della scena alternativa indipendente, ad andare a complimentarmi per la playlist proposta.
La vista fuori dal finestrone panoramico del rifugio è ancora completamente oscurata dalla nebbia e noi, tra una camomilla e una partita a carte, aspettiamo il momento della ritirata nella nostra stanzina, lasciataci in esclusiva grazie all’affluenza ancora bassa del periodo.
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