The Cribs, The Answer e Citizens! @ Era Spaziale Festival 2012, Spazio 211, Torino – 10/07/2012

Dopo la data del 9 luglio, dove abbiamo assistito alle esibizioni di Perfume Genius, 2:54 e Nouvelle vague, replichiamo l’appuntamento con Era Spaziale Festival anche la sera seguente; in programma ci sono i londinesi Citizens!, forti di una discreta attenzione mediatica per il loro esordio “Here we are”, i The Answer, forse la più off-topic tra le proposte dei 5 giorni della rassegna e i The Cribs, anche loro freschi di uscita discografica in questo 2012 con “In the Belly of the Brazen Bull”, loro quinto album in studio.

Citizens! live @ Spazio211I Citizens! si presentano sul palco intorno alle 20:40 e iniziano la performance proponendo in rapida sequenza “Caroline” e “Reptile”, quest’ultima tra gli episodi più felici dell’album, ma dando l’impressione di aver lasciato nel camerino un po’ di mordente. Thom Rhoades e Martyn Richmond, nei rispettivi ruoli di chitarrista e bassista, sembrano essersi trovati sul palco per caso e paiono l’emblema della superficialità scenica. Fortunatamente per la compagine londinese ci pensa il batterista Mike Evans a tenerli in carreggiata, che lavorando forte di cassa e di controtempi pare davvero essere l’unico veramente motivato e contento di essere li. L’addetto alle tastiere Lawrence Diamond, si limita a fare il suo dovere senza infamia e senza lode e i brani dove è maggiormente richiesto il suo coinvolgimento, come “Let’s go all the way”, offrono comunque una buona resa. Il front-man Tom Burke non offre niente che vada al di là di quanto gli viene richiesto e la cosa per cui riesce a distinguersi è un simpatico siparietto con una ragazza del pubblico che indossa una t-shirt con le scritte “I l'” e “you” in mezzo alle quali è rappresentato un uovo, a fare l’assonanza di “I l’ov you” con “I love you”. La cosa incuriosisce Burke che le domanda perchè indossi una maglia con scritto “I egg you”. Spiegata tramite una tastiera non rende, ma li per li ha fatto piegare tutti dal ridere.
Sul fronte dell’esibizione invece le cose migliorano: gli ci è voluto un po’ a scaldarsi ma con il susseguirsi dei pezzi ci riescono, portando la performance su un valido livello complessivo, in particolare con la doppietta “She Said” e “Monster”. Chiudono in bello stile con “(I’m in love with your) Girlfriend” la loro rapida apparizione, 35 minuti, che non potrà certo essere definita ecclatante, ma da ruolo di opener della serata va più che bene.

The Answer live @ Spazio211Il cambio palco è rapidissimo e nel giro di meno di un quarto d’ora sono già on stage i The Answer. Per una mera questione di scarsa affinità personale con il genere, i teschi disegnati sulla cassa della batteria, le schiere di Marshall e un numero di magliette dei Motorhead sopra la media ci mettono sulla difensiva e portano un po’ di scetticismo nel nostro approccio all’evento. Appena partono le prime note un capannello di persone si raduna velocemente in zona transenne e inizia a scuotere la testa e a slanciare le braccia con pollice, indice e mignolo ben distesi.
Sul palco, una hard-rock band irlandese interpreta alla perfezione la parte che ci si aspetta, sia musicalmente che non, e la prima interazione col pubblico infatti avviene da parte del cantante Cormac Neeson che si rivolge al pubblico chiedendo “quanti di voi hanno bevuto whisky stasera?”
Lo show procede veloce, tra virtuosismi di batteria e infiniti assoli di chitarra e il coinvolgimento della gente non può essere messo in discussione; a tratti, anche per quanti non hanno particolare feeling con il genere, sollevare vigorosamente a tempo i talloni diventa automatico. C’è spazio anche per la presentazione di un nuovo singolo, che annunciano “un po’ differente dal resto” ma che allo stesso tempo etichettano come “un pezzo che vuole dire molto per noi”, prima dell’exploit di Neeson che scende dal palco, scavalca le transenne e continua la sua esibizione in mezzo alla gente, finendo con l’accovacciarsi e chiedendo a tutti di fare lo stesso; tutti obbediscono e la scenetta riesce, venendo anche più che apprezzata. Uno show, in definitiva, più che dignitoso, sebbene destinato a non rimanere comunque a lungo impresso nella nostra memoria.

The Cribs live @ Spazio211Alle 23 in punto gli imponenti Marshall lasciano spazio a dei più graziosi Orange ed escono i The Cribs dell’allegra famigliola Jarman, che si presentano proprio come ce li si aspetta: ragazzi irriverenti con il loro strumento in una mano, una birra nell’altra e la sigaretta in bocca. Non perdono tempo e Ryan, in particolare, sprigiona fin da subito un’energia incondizionata, scorrazzando con la sua chitarra e aggredendo con rabbia il microfono, tenuto in un’insolita posizione verticale, con l’asta tutta abbassata. Nel suo giubbotto di pelle e con i suoi jeans a vita bassa dimostra una decina di anni in meno dei 32 che gli conferisce invece l’anagrafe. Stessa cosa si può dire del suo gemello Gary che, oltre ad occuparsi della sezione ritmica col suo basso, insieme al loro fratello minore Ross alla batteria, si fa carico della parte vocale dei “suoi” brani, proposti con un’alternanza quasi sistematica. Diversi pezzi che all’interno di “In the Belly of the Brazen Bull” si distinguono in positivo, come “Chi Town” e “Glitters like gold”, si confermano anche in versione live, mentre altri si fanno apprezzare anche di più rispetto alla loro controparte digitale, viene in mente “Come on, be a no one” su tutte. Lo show procede agile e frenetico, di pari passo con il consumo di birra, e sale in cattedra Gary che da sfogo ai suoi deliri, utilizzando l’asta del suo microfono prima sulle corde del basso come fosse l’arco di un violino e poi ribaltandola ripetutamente. Ryan non è da meno e tra una sigaretta e l’altra trova anche il tempo per rovesciare una cassa spia, costringendo agli straordinari il loro assistente di palco che li deve seguire come fa una maestra con i suoi bimbi più esagitati.
In tutto questo non cala comunque l’intensità della performance e i pezzi continuano ad essere proposti con quella che, in ambito sportivo, si potrebbe definire la giusta cattiveria agonistica. L’enfasi con cui confezionano il tutto è una soluzione che paga e il risultato che portano a casa possiamo sicuramente etichettarlo come molto positivo.

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