Flippaut Alternative Reload (The Strokes, Chromeo, Verdena, Glasvegas) @ Castello Sforzesco, Vigevano (PV) – 12/07/2011

“Per fortuna che ho pagato solo 24 euro.” E’ questo il primo amaro commento che mi è uscito allo scoccare della mezzanotte quando, in quel di Vigevano, è sceso il sipario sul Flippaut Alternative Reload. Già perchè, se non avessi sfruttato l’offerta del sito getbazza.com che mi ha permesso di ottenere il biglietto ad un “prezzo da amico”, e avessi invece speso i 48 euro previsti, se non addirittura i 55 euro a cui arrivava il prezzo con la percentuale di prevendita di ticketone (7 euro di prevendita, ma siamo matti?!), mi sarebbero girate quelle cose la, e non poco. Ed è chiaro che non si tratta del modo migliore di iniziare il live report di un evento.

Un paio di settimane prima dell’evento arriva la comunicazione del cambio di location dall’Arena concerti di Rho Fiera al Castello Sforzesco di Vigevano a causa, non è un mistero, dello scarso successo delle prevendite. Dopo una prima reazione non troppo felice alla notizia, dovuta al fatto di lavorare a Milano e di aver già pianificato con il resto della compagnia tutti gli spostamenti, ci ricrediamo e troviamo la nuova location sicuramente più suggestiva rispetto al piazzale di cemento di Rho, viste soprattutto le temperature dei giorni imemediatamente precedenti l’evento. Ci ri-organizziamo quindi e, componendo man mano il gruppo, ci apprestiamo a raggiungere la nuova destinazione in treno. Una volta saliti, grazie all’indecente servizio ancora una volta fornito dalle ferrovie dello stato e ai 50 gradi percepiti all’interno delle carrozze nonostante siano semivuote, torniamo a maledire l’idea del cambio di location che ci costringe a questo viaggio della disperazione.

Arriviamo che è già in corso l’esibizione di Dan Black, ex leader dei The Servant e prestavoce dei Planet Funk. Sul palco, accompagnato solo da un chitarrista e da un po’ di gingilli elettronici, mette in mostra una buona personalità e con un po’ di carica riesce a coinvolgere discretamente i (pochi) presenti, ottenendo praticamente il massimo possibile per un set nel pieno pomeriggio di una giornata di luglio in cui si fatica anche solo stando seduti all’ombra.

I successivi artisti in cartellone sono i Glasvegas, freschi di pubblicazione del loro secondo lavoro “EUPHORIC /// HEARTBREAK \\\”. Gli scozzesi, che nel 2008 si erano messi in grande evidenza con il loro omonimo disco di debutto, si presentano sul palco alle 18:30 con la nuova batterista, la svedese Jonna Löfgren, e fanno da subito una buona impressione.
Essendo tutto tranne che una band solare, pagano il fatto di suonare ad un orario in cui sole e temperatura si addicono di più ad un bagno nel mare che alle riflessioni cupe e intimiste delle loro canzoni. L’atmosfera durante la loro esibizione è infatti un po’ freddina, nonostante il buon livello di esecuzione dal punto di vista strettamente musicale. Convince tutto sommato abbastanza la voce di James Allan, ma convince soprattutto la performance ritmica della Löfgren che, suonando peraltro per tutto il set da in piedi, si comporta molto bene e, sebbene solo raramente sia impegnata in passaggi particolarmente tecnici, picchia con una determinazione e con un perenne sorriso che piacciono. Eseguono una decina di pezzi, partendo con il trittico iniziale dell’ultimo lavoro (Pain pain never again, World is yours e You) per tornare poi ad una sequenza dei brani estratti dall’album d’esordio (non può mancare ovviamente Geraldine), inframezzati ancora da “Euphoria, take my hand”, il singolo di lancio di “EUPHORIC /// HEARTBREAK \\\”. Chiudono con un’ottima esecuzione di “Daddy’s gone” e noi applaudiamo volentieri.

E’ il turno dei Verdena. Si presentano da subito virtuosi e danno dimostrazione di aver raggiunto, sotto il profilo squisitamente tecnico, un livello che gli può garantire tranquillità in caso di confronto con qualsivoglia altra band. Luca alla batteria, in particolare, è devastante per quantità e qualità. D’altro canto però, non si può non notare uno scarseggiamento della componente melodica che, a tratti, sembra quasi assente, a favore della ricerca dell’intensità sonora, della sperimentazione e della psichedelia che a volte, forse per colpa anche dei volumi, specie quando i suoni si fanno potenti, sfocia in vera e propria “confusione”. Sarà forse per lo stile dei pezzi di “Wow”, il loro ultimo doppio disco, che ci accolliamo in tutta tranquillità la colpa di non aver approfondito abbastanza o sarà per il fatto di averli visti innumerevoli volte durante i tour dei loro primi 3 dischi, quando ad una tecnica già molto ben impostata sapevano unire melodia e imprimere un notevole impatto emotivo, fatto sta che la performance nel suo complesso ci lascia più di qualche dubbio. Indubbiamente la scelta della setlist poteva essere più felice e, se da una parte capiamo l’esigenza di pubblicizzare il nuovo lavoro (da cui possono pescare appunto tra oltre 20 pezzi), dall’altra crediamo che in un appuntamento di un’oretta scarsa da sparring partner da orario crepuscolare in un festival occorra inserire qualche pezzo in più di quelli in grado di far cambiare marcia. Non a caso, l’entusiasmo del pubblico si scatena prevalentemente durante l’esecuzione di pezzi come Don Calisto e Canos. Purtroppo, a differenza di alcuni amici con noi al Flippaut, non abbiamo il termine di paragone con una delle innumerevoli date del loro tour, durante le quali ci dicono aver offerto ben altre performance, per cui ci teniamo in nostro giudizio complessivo non eccelso (fermo restando, ripetiamo, la loro tecnica strabiliante).

Il ruolo di ultimo gruppo prima degli Strokes spetta ai Chromeo, duo canadese di elettronica arricchita con un po’ di funky. Provano da subito a scaldare un po’ la serata, dal punto di vista del coinvolgimento si intende, dal punto di vista meteorologico continua ad essere fin troppo calda nonostante il calar della sera; con alcuni pezzi ci riescono, con altri un po’ meno, con altri ancora annoiano proprio, ma ottengono comunque un buon risultato, il migliore fino a quel momento della serata, per quanto riguarda la partecipazione. L’originalità non è di certo la loro caratteristica emblematica e il paragone con i Daft Punk stride non poco ma, contando che non è che da loro ci si aspettassero miracoli, tutto sommato escono a testa alta.

Ci siamo, è il momento dei The Strokes e l’attesa è alta dato che la band di New York non calca un palco italiano da 5 anni. In Italia, proprio su questo stesso palco del Castello Sforzesco di Vigevano era stato, un anno esatto fa, il solo Julian Casablancas per una data del tour di promozione del suo lavoro solista “Phrazes for the Young”. Questa volta con lui ci sono anche Nick Valensi, Albert Hammond jr. e gli altri; tra il pubblico partono le operazioni di avvicinamento al palco e con un colpo d’occhio all’indietro notiamo che la location è andata riempiendosi.
Gli Strokes escono e decidono di partire forte, attaccando con New York City Cops che, inutile dirlo, scatena il delirio. La voce di Julian pare in buona forma e i suoni sono veramente notevoli. The modern age e poi subito Reptilia, veloce ed esplosiva, porta lo show ad altissimi livelli fin dalle prime battute. Sicuramente dimostrano di saperla lunga sulla scelta dei pezzi da proporre e dell’ordine in cui proporli; proseguono infatti con Machu Picchu, opener dell’ultimo disco e, per convinzione personale, uno dei migliori brani in esso contenuto, seguita dall’iconica Last Nite. Il tutto suonato in modo molto positivo, con una grande carica e con la giusta alchimia tra i suoni che francamente non sapevamo se aspettarci da una loro prova live. Gli attriti, veri o presunti, tra i membri della band non si percepiscono, e il tutto sembra far pensare ad uno show destinato a proseguire egregiamente e, perchè no, ad essere ricordato con enfasi.
Durante l’esecuzione di “Taken For A Fool”, secondo estratto dal loro ultimo disco “Angles” uscito in primavera, succede però ‘imprevedibile e, nel bel mezzo del brano, l’impianto salta lasciando di stucco tanto il pubblico, quanto gli stessi Strokes. Dopo qualche minuto il tutto sembra risolto e lo show riprende. Ma neanche il tempo di tirare il classico sospiro di sollievo che la musica sparisce nuovamente. Evidentemente non abituati a situazioni del genere (ovviamente solo in Italia succedono) rimangono loro stessi spaesati per primi, mentre il pubblico inizia, con sacrosanta ragione, a rumoreggiare. Julian, mentre i tecnici corrono freneticamente da una parte all’altra nel tentativo di sistemare il problema, o forse anche solo di individuarlo, scende dal palco e si concede al pubblico delle prime file per strette di mano, foto, baci e abbracci. Trascorrono i minuti, arriva una sorta di ok a riprendere e Casablancas torna sul palco; dopo una breve prova microfono il gruppo è pronto a ripartire. Ma questo concerto non sa da fare ha deciso qualcuno o qualcosa e infatti la band fa appena in tempo ad eseguire un brano, forse 2, e il problema si ripresenta. Questa volta è il batterista Fabrizio Moretti che prova a rendere meno tragica la situazione, uscendo dalla sua postazione e venendo a fronte palco ad esibire una bandiera italiana (nazionalità di origine del padre). Il copione che si ripete è ancora una volta lo stesso delle interruzioni precedenti e lo show è già senza dubbio compromesso, con il pubblico che inizia ad avere la ferma sensazione che tutto sia ormai andato. Come da copione appunto si prova a ripartire, ma arriva la quarta interruzione; molti a questo punto iniziano a imboccare la strada per l’uscita tra improperi di ogni tipo. E’ invece da apprezzare l’atteggiamento della band che nonostante tutto prova ogni volta e in ogni modo a riprendere, quando molto probabilmente moltre altre band, anche meno blasonate, alla seconda interruzione se ne sarebbero tranquillamente andate. Se si riesce ad andare oltre al banale “ma si tanto loro i soldi li prendono lo stesso” e a capire che la band è forse l’ultima ad avere delle colpe, non si può non rendergli atto del rispettoso e positivo modo in cui hanno gestito la situazione. Infatti ci provano ancora e, fermo restando le rigide imposizioni sull’orario di chiusura, previsto per la mezzanotte, escono per provare ad eseguire il brano previsto come chiusura di scaletta, cioè “Take it or leave it”. Esecuzione ottima che riesce senza interruzione e che estrae ancora un po’ di energia e di voce da quelli che ci han creduto, sebbene non possa mitigare l’amarezza di tutti quanti, che resta direttamente proporzionale ai sacrifici economici e logistici fatti per esserci. Gli inconvenienti li hanno costretti a dare quindi un bel taglio alla scaletta prevista, dalla quale sono stati estirpati alcuni pezzi che avremmo avuto particolare piacere a sentire come “Juicebox” e “Hard to explain”.
Come detto in apertura, la nostra rabbia è stata mitigata solo dal fatto di aver speso per questo evento la metà del prezzo previsto e l’unica cosa che possiamo fare, sembrerà banale dirlo, è sperare di vederli di nuovo presto in Italia, in una situazione meno sfortunata e, soprattutto, con una organizzazione più preparata.

Scaletta Glasvegas:
Pain Pain, never again
World is yours
You
It’s My Own Cheating Heart That Makes Me Cry
Lonesome swan
Euphoria take my hand
Geraldine
Go square go
S.A.D. Light
Lots sometimes
Daddy’s gone

Scaletta Verdena:
Sorriso in spiaggia, pt. 1
Sorriso in spiaggia, pt. 2
Rossella roll over
Il caos
Badea blues
Lui gareggia
Canos
Don Calisto
Letto di mosche
Razzi arpia inferno e fiamme
Scegli me
Miglioramento
E’ solo lunedì
Loniterp
Non prendere l’acme, eugenio

Scaletta The Strokes:
New York City Cops
The Modern Age
Reptilia
Machu Picchu
Last Nite
Taken For A Fool (interrotta per problemi tecnici)
Someday
Is This It
Under Cover Of Darkness
Whatever Happened
Life Is Simple In The Moonlight (interrotta per problemi tecnici)
You Only Live Once (interrotta per problemi tecnici)
You’re So Right
Trying Your Luck (interrotta per problemi tecnici)
Take It Or Leave It

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