Recensione: Interpol – Interpol

Artista: Interpol
Titolo: Interpol
Anno: 2010
Genere: post-punk, new-wave

Lente d’ingrandimento: Interpol. Omonimo e semplice. E’ il titolo del quarto album della band newyorkese capitanata da Paul Banks. Arriva, a distanza di 3 anni dall’ultimo Our Love to Admire, dopo una trilogia che li ha portati, meritatamente, tra i nomi più importanti della scena. Questo 2010, in un modo o nell’altro, resterà un anno fondamentale nella storia del gruppo perchè, oltre a vedere l’uscita di questo nuovo capitolo della loro discografia, vede anche quella di Carlos Dengler dalla band; il bassista ha infatti lasciato la formazione dopo le registrazioni dell’album, ma prima della sua uscita, per dedicarsi ad altri progetti.
Il disco è stato anticipato dall’uscita del primo singolo, Lights, sottoforma di una di quelle iniziative ormai molto utilizzate come la distribuzione gratuita del brano, riservata, in questo caso, agli iscritti alla mailing list ufficiale del gruppo. Questo pezzo non aveva particolarmente entusiasmato in quanto caratterizzato si da un inizio promettente, che non riesce però a svilupparsi in maniera convincente, cosa che lo pone nel suo complesso ben al di sotto delle aspettative. Giunto il momento dell’uscita ci si è trovati davanti ad un disco difficile da inquadrare. Inizialmente l’impressione è stata quella di un lavoro abbastanza piatto con qualcosa di meritevole nella prima parte ma che dava l’impressione di non essere altro che un fare quello che avevano sempre fatto in passato, riuscendoci meno bene. Con l’aumentare degli ascolti invece è salito l’apprezzamento per questo album che, sebbene non abbia pezzi memorabili, risulta nel complesso di un buon livello, tanto da finire con il rendere difficile la scelta dei titoli da inserire sotto la voce “brani peggiori”. Il suono è tipicamente in stile Interpol e mantiene quelle che sono le sue caratteristiche peculiari: precisione assoluta, della batteria in particolare, compattezza, capacità di creare atmosfera e sessione vocale perfetta. Quello che emerge è però una sorta di calo di determinazione rispetto ai lavori precedenti che, nel concreto, può essere tradotta anche come una mancanza di aggressività di alcune parti di chitarra che in passato sono spesso state, con riff incisivi, alla base del successo di molti dei loro pezzi migliori.
Si apre con Success, con cui gli Interpol confermano di non voler cambiare direzione per dirigersi chissà dove ma di voler continuare a fare gli Interpol, alla quale segue l’ottima Memory Serves, un brano profondo, lento e melodico, cantato in modo magistrale da Banks con una cadenza un po’ cantilenante che affascina. Summer Well rialza i ritmi e alza ulteriormente il livello di questo inizio di disco con il solito preciso scandire della batteria amalgamato alla perfezione con la tastiera e con un cambio di ritmo che gli conferisce tutte le credenziali del pezzo di successo. A seguire arrivano i 2 singoli, la già citata Lights e Barricade, il secondo estratto, il primo commercializzato secondo i canali tradizionali; scelta che pare azzeccata in quanto il pezzo è quello che maggiormente possiede il giusto tiro per ambire a tale ruolo, con una chitarra d’accompagnamento ipnotica e un ritornello frizzante che sembra essere stato partorito dai Franz Ferdinand. Giunti a questo punto il disco ha una svolta, si oscura e le atmosfere si fanno più cupe, ma la qualità dei brani non ne risente e si mantiene su un buon livello. Conferma di entrambi questi aspetti viene data dal trittico Always Malaise, Safe without e Try It On nella quale, in particolare, emerge ancora una volta la capacità di Banks di adattare la propria voce e di saperla integrare alla perfezione al contesto e, se prima all’occorenza si era fatta cantilenante e trascinata, qua diventa leggera e sussurrata per lasciare il giusto spazio al tappeto sonoro del pezzo. Nel finale si registra una flessione dovuta soprattutto alla pesantezza di un brano come All of the ways veramente difficile da apprezzare, alla quale segue, per chiudere, The Undoing, in cui trovano spazio alcuni versi in spagnolo (una sorta di tributo di Banks al suo passato, che ha infatti vissuto per diverso tempo in Spagna, dove migrò con tutta la famiglia in giovanissima età) e la cui unica colpa, se cosi la si può chiamare, è quella di trascinarsi un po’ troppo per le lunghe.
Si tratta quindi di un disco abbastanza soddisfacente, se si riesce nel tentativo di giudicare i brani in senso assoluto senza limitarsi a fare un paragone con quanto la band ha saputo fare in precedenza; non ci saranno forse le hits che rimarranno negli anni e che hanno caratterizzato gli altri dischi, ma questo non è un motivo sufficiente a giustificare una stroncatura eccessiva.

Brani migliori: Memory Serves, Summer well, Try It On

Brani peggiori: All of the ways, The Undoing

Voto: 7,5

Sito: www.interpolnyc.com

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