Recensione: The Chemical Brothers – Further

Artista: The Chemical Brothers
Titolo: Further
Anno: 2010
Genere: Elettronica

Lente d’ingrandimento: Sono passati ormai 15 anni da quando Ed Simons e Tom Rowlands, i Chemical Brothers, uscirono con il loro disco d’esordio Exit Planet Dust. Ora, nel 2010, escono con un nuovo album, Further, che da l’impressione che tutto questo tempo in realtà non sia passato. In mezzo, altri 5 dischi, dal fortunato Dig Your Own Hole, che contiene Setting Sun, la loro collaborazione con Noel Gallagher degli Oasis, con cui raggiungono per la prima volta la posizione numero 1 nella classifica UK, al più recente (2007) e forse più deludente We are the night, passando per altre pietre miliari del genere come Surrender e Come with Us in cui trovano spazio brani che, piaccia o no, hanno lasciato il segno in modo indelebile nel mondo dell’elettronica e non solo. Con questo nuovo disco i Chemical Brothers si portano il pallone da casa e decidono di giocare da soli, lasciando da parte gli amichetti che in passato avevano sempre chiamato a giocare con loro; in Further non c’è infatti spazio per collaborazioni di alcun tipo, non ci sono nomi altisonanti della scena internazionale a fare da prestavoce ai magheggi tecnologici del duo mancuniano (ad eccezione della voce di Stephanie Dosen in alcune tracce ma parlare di collaborazione pare eccessivo), che riordina le idee e si rimette in proprio per andare alla ricerca della totale libertà compositiva e di suoni che non debbano necessariamente stare bene con qualcos’altro, nel tentativo di tornare ai fasti dei tempi migliori.
Questo nuovo lavoro inizia in maniera altalenante con l’opener Snow che presenta alcuni elementi che, inizialmente, danno l’impressione di un’introduzione efficace e ben studiata, con sonorità ruvide ma leggere sulle quali campeggia una voce soave che sottolinea quanto “il tuo amore mi sollevi più in alto”; il tutto finisce però in realtà per trascinarsi e ripetersi eccessivamente col risultato che dalla buona idea e dal tentativo di creare attesa, si arriva al pezzo pedante e dopo i primi ascolti diventa inevitabile skipparlo, sia che lo si stia sentendo in macchina in una calda serata estiva sia che lo si metta in cuffia stando tranquillamente sdraiati in un prato. Fortunatamente, a seguire c’è Escape Velocity, che prosegue con l’obiettivo di far salire l’attesa ma questa volta con un impetuoso crescendo di quelli che solo loro sanno realizzare e che, dopo un paio di minuti, da finalmente il via all’esplosione di suono; un suono coinvolgente, creato magistralmente su una base di beat e claps semplice ma solida con la quale si mischiano un’altra infinità di “rumori”, nessuno dei quali affidato al caso, per un risultato complessivo sbalorditivo, che sprigiona una gran dose di energia. Ad un certo punto il brano rallenta, ricrea nuovamente l’attesa e poi riparte con la stessa forza, andando avanti così per una dozzina di accattivanti minuti in cui risulta davvero impossibile rimanere fermi. Another world non incide minimamente e scorre via nel più totale anonimato e anche la successiva Dissolve da la sensazione di un pezzo riuscito a metà, a cui manca qualcosa per convincere appieno, almeno nella prima parte, e che termina proprio quando i battiti aumentano facendo pensare ad uno sviluppo interessante.
Si arriva quindi al giro di boa con l’impressione di un disco nella norma, godibile ma senza nulla di innovativo e trascindentale da offrire; ed è proprio a questo punto invece che i Chemical Brothers tornano a stupire, con la doppietta Horse Power e Swoon che avvisa di non abbassare la guardia perchè l’album ha ancora parecchio da dire. La prima è un’ulteriore dimostrazione, non che ne ce fosse ancora bisogno, del talento del duo che, partendo da un’idea semplice come il campionamento del nitrito di un cavallo, riesce a costruire un impianto sonoro travolgente dal ritmo frenetico, in grado sicuramente di scatenare un delirio in qualunque dancefloor, tanto da essere immediatamente additata come la nuova Hey Boy Hey Girl. Che lo sia? Bè, difficile da dire, quanto meno perchè ad oggi, nel genere, è difficile che un pezzo possa avere lo stesso devastante impatto che ebbe l’altra, aldilà del discorso strettamente sonoro. Di sicuro resta un lavoro degno di nota. Il secondo brano di questo uno-due in grado di mettere al tappeto è Swoon: parte vocale nuovamente assente ma tastiere, battiti e melodia che si amalgamano alla perfezione, dando vita ad un suono leggero ma allo stesso tempo energico che, unito alla giusta dose di appeal commerciale, l’hanno fatta diventare inevitabilmente un singolo. K+D+B, con il suo inizio a colpi di batteria, cattura l’attenzione e incuriosisce anche se dopo un po’ di ascolti torna a dare, un po’ come già successo per Dissolve, l’impressione che manchi qualcosa per renderlo un pezzo quantomeno da ricordare, mentre la conclusiva Wonders Of The Deep suggella degnamente la chiusura del disco creando con discreta eleganza un’atmosfera trionfale.
Un trionfo in realtà parziale per questo nuovo lavoro dei Chemical Brothers che dimostrano, come sempre, di avere ottime idee ma di non riuscire più sempre a trasformarle in qualcosa che possa, se non stupire, quantomeno rimanere un po’ più a lungo. Fortunatamente per loro hanno l’esperienza e i mezzi necessari per riuscire a piazzare alcuni episodi di ottimo livello e strappare così un giudizio complessivo sul disco buono.

Brani migliori: Escape Velocity, Horse Power, Swoon
Brani peggiori: Snow, Another world, Dissolve

Voto: 6,5

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